martedì 3 luglio 2012

A BOCCE FERME. CONSIDERAZIONI IN PUNTA DI PIEDI SULL'OPERATO DEL CT AZZURRO CESARE PRANDELLI

2 luglio 2012. Il giorno dopo la netta sconfitta subita nella finale dell'Europeo per mano della Spagna il ct azzurro Cesare Prandelli, dopo essere rientrato in Italia con il resto della squadra, ha tenuto una conferenza stampa nel corso della quale ha toccato tutte le questioni più spinose che ruotano attorno alla Nazionale. 


Questi sono stati i passaggi più significativi:

«Siamo un Paese vecchio, con tante cose da cambiare. Noi siamo venuti qui per cambiare, per perseguire un'idea senza farci condizionare dal risultato»

 «Bisogna avere una sensibilita' nei confronti della Nazionale, quando dico che non frega niente a nessuno è la verità, poi dopo ci sono tutti. I famosi stage erano un modo per cercare di valorizzare il lavoro dei club, noi possiamo verificare i giovani e cosi' si crea un movimento, si crea la voglia di interagire»
 «Accetto sempre la critica sportiva, ma non accetto attacchi personali per la presenza di mio figlio qui. Mi hanno ferito umanamente, in modo profondo. Non ci sono rimasto male, di più»

«Forse nell'ultima partita avrei dovuto avere un po' di coraggio nel rivoluzionare la squadra ma sarebbe stata una mancanza di rispetto e di riconoscenza nei confronti di chi mi aveva portato alla finale»

«La vittoria avrebbe fatto bene a tutti ma perdere l'equilibrio a tanti. Ci vuole tempo per arrivare alla continuità, se vogliamo rinnovare dobbiamo farlo per lungo tempo e non vivere per un risultato. Forse non siamo ancora pronti a vincere e quando lo saremo saremo pronti per rivincire, altrimenti avremo sempre picchi e anni bui»


Dare una valutazione equilibrata e il più possibile oggettiva circa l'operato del ct azzurro è un'impresa estremamente difficoltosa.

Il risultato finale (un secondo posto alle spalle dei Campioni d'Europa e del Mondo in carica, con all'attivo gli scalpi eccellenti di Inghilterra e Germania), oltretutto corroborato da sprazzi di bel gioco, va sicuramente oltre le aspettative nutrite alla vigilia da gran parte dell'opinione pubblica e degli addetti ai lavori, sia per la qualità della rosa sia per il clima che si era creato intorno al clan azzurro a causa delle inchieste giudiziarie inerenti al calcioscommesse. 


Da un punto di vista squisitamente tecnico non si può però non rilevare come l'allenatore di Orzinuovi abbia dato l'impressione di avere le idee poco chiare, perlomeno inizialmente, quando dopo due anni spesi per far assimilare ai giocatori il 4-3-1-2 ha deciso di passare al 3-5-2 (scelta peraltro intelligente), salvo poi tornare sui suoi passi nonostante i responsi del campo fossero stati tutto sommato confortanti e nonostante l'entusiasmo manifestato da Daniele De Rossi (entusiasmo manifestato attraverso dichiarazioni pubbliche) nel giocare come centrale difensivo.

Va inoltre messa sul piatto della bilancia la scelta di puntare sempre su Cassano dall'inizio, scelta che, a causa della comprensibilmente precaria tenuta fisica del fantasista barese costringeva sempre ad un cambio certo dopo al massimo un'ora di gioco (suggerendo quindi l'ipotesi di utilizzarlo come arma da mandare in campo a partita in corso), oltre ad una certa scolasticità nei cambi e il poco spazio dato a giocatori che nei loro club hanno disputato un campionato decisamente sopra le righe, come ad esempio Antonio Nocerino e Sebastian Giovinco. 


La finale disputata contro la Spagna merita un capitolo a parte.
La buona partita giocata contro gli iberici all'esordio (terminata sul punteggio di 1 a 1) avrebbe potuto indurre il ct a riproporre lo stesso copione tattico (il 3-5-2), mentre le non ottimali condizioni fisiche di più di un calciatore dell'undici iniziale avrebbero potuto essere ovviate con una maggiore dose di coraggio (e in questo senso le parole di Prandelli circa un'eventuale mancanza di rispetto e di riconoscenza nei confronti dei possibili esclusi mi lasciano un po' perplesso).
Infine, la sostituzione di Montolivo (sul risultato di 0-2) con Thiago Motta invece che con un giocatore dalle caratteristiche più offensive come ad esempio Alessandro Diamanti appare difficilmente spiegabile ai più.


Al ct va però dato atto che dall'atteggiamento dei giocatori traspare che è seguito è rispettato, e l'abilità nel cementare e nel motivare un gruppo conquistandosi il rispetto e  la disponibilità al sacrificio da parte dei calciatori in alcune circostanze (come insegna l'esperienza all'Inter di Josè Mourinho) vale quanto la componente meramente tecnico-tattica (basti pensare alle liti e alle intemperanze interne ed esterne allo spogliatoio che hanno portato la Francia ad esprimersi al di sotto del suo potenziale sia ai Mondiali di due anni fa sia quest'anno, senza che nè Raymond Domenech prima nè Laurent Blanc poi siano riusciti a portare armonia e unità d'intenti).


Ecco perchè, tutto sommato, analizzando pro e contro, nonostante qualche chiaroscuro e qualche situazione rivedibile ritengo che sia giusto continuare il percorso di avvicinamento ai mondiali del 2014 con Cesare Prandelli, visti anche i potenziali margini di miglioramento che ha il gruppo da lui assemblato.

La loro entità, ovvero se saranno abbastanza consistenti da essere in grado di far fare finalmente festa a tutta l'Italia calcistica, ce la dirà solo il campo.

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